GIORGIO FONTANA: QUELLA CRAVATTA ROSSA AL PREMIO DEGLI INDUSTRIALI…

FontanaIn un Premio Campiello che ha sdoganato la critica sociale (col vincitore dell’Opera Prima Stefano Valenti e la sua Fabbrica del panico, con gli appelli ecologisti di Mauro Corona, col duro romanzo sulla genesi del moderno capitalismo di Giorgio Falco) la cravatta rossa del vincitore Giorgio Fontana, appartenuta al nonno partigiano, diventa un simbolo.

 

“MA LA POLITICA NON DEVE INTERFERIRE NELLA SCRITTURA”

Giovanissimo (33 anni, ma già cinque libri alle spalle), figlio di un magistrato, Fontana si definisce «un sincero riformatore sociale», scrive (anche) su giornali militanti (il manifesto, lo straniero, Open democracy), simpatizza per il movimento Occupy Wall Street, ritiene che «le disuguaglianze siano uno dei maggiori problemi odierni su scala mondiale», anche alla rivoluzione preferisce la rivolta (cit. Camus) e come il protagonista del suo libro, “Morte di un uomo felice”, aborre ogni violenza e cerca sempre di capire le ragioni dell’altro.

“I PERSONAGGI VIVONO DI VITA PROPRIA, INDIPENDENTEMENTE DALLE IDEOLOGIE”

Il giovane scrittore comunque tende a mantenere la politica fuori dalla scrittura, non permette che l’ideologia interferisca coi suoi personaggi, che sono gli unici a cui è realmente interessato al momento di scrivere; e ai quali si impegna con forza a garantire una vita propria, facendo anche un passo indietro, come autore, quando gli si chiedono opinioni sulle loro scelte. Come sull’atteggiamento del protagonista, il giovane giudice Giacomo Colnaghi, che per senso del dovere mette nel conto di essere ucciso dai terroristi e di lasciare la propria famiglia da sola: come d’altra parte aveva fatto il padre, ucciso dai fascisti quando lui era appena nato.

Questo è il nodo del romanzo, ma l’importante è quello che fa lui, non cosa ne penso io. E anche come valuterà la scelta di suo padre il fragile figlio di Colnaghi, destinato a rimanere orfano, non sono in grado di dirlo”.

Vuoi dire che il dittico sulla giustizia, iniziato con “Per legge superiore”, è destinato a rimanere senza ulteriori sviluppi?

Assolutamente sì. Io non intendo fermarmi sulle cose, non mi interessano dei filoni o dei temi, mi interessano invece i personaggi, anche dovessero essere dei pescatori di Bangkok”.

A proposito: il suo prossimo lavoro?

Qualcosa di completamente diverso da ciò che ho fatto finora, ma ho solo vaghe idee in testa. Poi tornerà in libreria “Terre di Mezzo” un reportage narrativo sugli immigrati già pubblicato nel 2008. Comunque domattina sarò di nuovo al mio posto di lavoro, un’azienda di software per la quale curo la comunicazione. Non ho intenzione di mollarli perché ho vinto questo premio, questo lo considero solo un incoraggiamento a fare meglio”.

Inevitabile sollecitare un paragone fra i giovani degli anni ’70-’80, in cui si svolge il romanzo, e quelli di oggi. Qualcuno sostiene che i tuoi coetanei sono troppo passivi sul terreno dell’impegno sociale…

Può darsi. Si avverte una forte atomizzazione, manca la compattezza sociale di un desiderio di cambiare insieme il mondo. Ma non me la sento di generalizzare, e non amo molto le astrazioni. D’altra parte noi trentenni potremmo rimproverare a voi adulti di averci lasciati in questa situazione”.

Tu ti sei documentato a fondo per raccontare il periodo degli anni di piombo che non hai conosciuto, riuscendovi benissimo. Cosa ne pensi dell’accusa dei terroristi (ma anche dei garantisti), ritornata di recente anche nelle parole di Cesare Battisti, sull’involuzione democratica dello Stato di allora?

Senz’altro c’è stata. Per comprendere questo Autonomiaperiodo bisogna alzare lo sguardo, e considerare, accanto agli attentati di sinistra, l’eversione neo-fascista e le complicità dello Stato. D’altra parte lo stesso giudice assassinato Guido Galli, a cui si ispira il mio protagonista, criticava duramente la legislazione emergenziale rappresentata in primis dalla Legge Reale sull’ordine pubblico. Ancor oggi su questi temi non c’è stata una vera e propria pacificazione, che prendesse in considerazione le ragioni di tutti”.

Un altro aspetto notevole del tuo libro è la finezza con cui tracci le psicologie dei personaggi: i sensi di colpa del protagonista rispetto alla sua famiglia, e in particolare il fragile figlio, il complesso rapporto con la moglie, la dolente figura della madre che non ha mai perdonato la scelta antifascista che ha portato il marito alla morte…

Sono contento che noti queste cose. Il mio infatti non voleva essere un libro su dei temi, ma su delle persone e sul loro rapporto, in particolare quello fra i padri e i figli. Sono queste sfumature psicologiche, che ho ricostruito analizzando alcune dinamiche della quotidianità, che danno spessore ai personaggi, evitando di farne delle figurine schematiche, anche se magari eroiche”.

Intanto Giorgio Fontana è atteso mercoledì sera all’incontro col Campiello che tradizionalmente inaugura Pordenonelegge, ma non ha ancora sciolto la riserva, a causa di un impegno precedente a cui tiene molto.

GIORGIO FONTANA: QUELLA CRAVATTA ROSSA AL PREMIO DEGLI INDUSTRIALI…ultima modifica: 2014-09-15T11:54:27+02:00da sergiofrigo
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