IL “CASO” MAZZACURATI E ALCUNI SCOMODI INTERROGATIVI SUL GIORNALISMO

Mazzacurati2 C’è una cosa su cui rimugino dal giorno della morte di Carlo Mazzacurati, persona che apprezzavo molto e con cui condividevo molti amici anche se lo conoscevo (purtroppo) solo superficialmente (en passant: una volta l’ho convinto a firmare un appello al maschile contro la violenza sulle donne, e l’ho trovato gentile e disponibilissimo). È una cosa che riguarda il mio lavoro, il giornalismo, su cui il regista ci ha lasciato un film bellissimo e sottovalutato, “La giusta distanza”, dove sostiene esattamente il contrario di ciò che ci hanno insegnato in tanti anni di attività: il giovane giornalista protagonista risolve il caso (un omicidio) e fa il suo scoop proprio grazie al suo essere troppo vicino alla vittima, la maestrina del paese. giusta_distanza2

IL “SILENZIO STAMPA” DEGLI AMICI

Quel giorno ho chiamato alcune delle persone che gli erano più vicine (naturalmente non i familiari), per chiedere loro un ricordo di Carlo, ma mi hanno risposto solo per amicizia, dicendo di essere troppo affranti, e pregandomi di non farli parlare. Natalino Balasso ha fatto di più: ha scritto sui social network un post in cui pregava i giornalisti di lasciarlo stare, che non voleva dire banalità da scrivere sui giornali e che non credeva nella possibilità di condividere il dolore. Ovviamente ho rispettato la consegna, scrivendo il mio articolo con altri commenti (e sentendomi anche un po’ inopportuno), convinto che per questi amici questo era anche il modo per onorare la sobrietà e la riservatezza di Mazzacurati. Un dubbio però mi continua a frullare dentro, da allora: dello scomparso quel giorno tanti lettori – magari un po’ morbosamente – avrebbero voluto sapere di più, e si sono dovuti accontentare di testimonianze un po’ di seconda mano, e dei commenti dei politici, che non si negano mai (complimenti però a Francesca Visentin, che nei giorni successivi ha intervistato la sorella di Carlo sul Corriere Veneto): ma non era proprio il caso invece che parlassero di lui proprio coloro che più gli erano stati vicini, i Bonsembiante, i Citran, i Paolini, i Balasso, i Battiston? Certo, la stampa patisce di questi temi una pessima fama, e in genere giustamente: ma allora vogliamo proprio “abolirla” tout court? (a parte che ci stiamo arrivando, complice la crisi economica e lo sviluppo del Web) Ma siamo sicuri che quello che viene dopo sarebbe tanto migliore?

MA IL GIORNALISMO E’ UN’ATTIVITA’ DIGNITOSA O LO SFRUTTAMENTO DEI PEGGIORI ISTINTI DELLA GENTE?

E mi si affacciano alla mente anche altri e più radicali interrogativi, che sottopongo alla vostra riflessione: il desiderio della “gente” di sapere (vale per questo caso, ma anche per i fatti i cronaca nera) è solo morbosità da stigmatizzare o non piuttosto un umanissimo desiderio di condividere e socializzare attraverso un evento eclatante, che va magari “educato” ma non mortificato? E chi lo deve fare, questo lavoro, e come? Ed è legittimo o meno che i media (e le persone che ci lavorano, come il sottoscritto) ricavino da questa attività di che vivere? Comprenderete che dopo oltre trent’anni di attività non sono per me domande oziose. Ma mi sembrano anche piuttosto importanti per la funzionalità stessa della democrazia.

IL “CASO” MAZZACURATI E ALCUNI SCOMODI INTERROGATIVI SUL GIORNALISMOultima modifica: 2014-01-27T03:23:31+01:00da sergiofrigo
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