SALUTI DAL MONDO UMIDO, TRA LA PALUDE E L’INONDAZIONE

pioggia2.jpgLa percezione che si affaccia talvolta è di essere finiti dentro un mondo parallelo, fradicio di pioggia, orfano di sole, gocciolante, grondante, in cui si respira umidità e invece di camminare si sguazza nell’acqua, e il terreno rischia ad ogni momento di franarci sotto i piedi.

Metafora perfetta della palude economica, politica, sociale in cui siamo scivolati, sotto la cui superficie melmosa si aggirano caimani, e sopra si minacciano costanti e devastanti inondazioni.

A chi è già immerso nell’acqua o sta aspettando, angosciato, la piena, dedico questa nota poesia di Gabriele D’Annunzio, ricordando che prima o poi il sole ritorna, e allora magari tutta quest’acqua ci farà comodo.

Mi sono sentito allo stesso modo, specularmente, nella torrida estate del 2003, quando sembrava che non sarebbe piovuto mai più.

 

LA PIOGGIA NEL PINETO

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici
umane;

ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove su i pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

di coccole aulenti,

piove su i nostri volti

silvani,
piove su le nostre mani

ignude,
su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

t’illuse, che oggi m’illude,

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

verdura

con un crepitío che dura

e varia nell’aria

secondo le fronde

più rade, men rade.

Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

né il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancóra, stromenti

diversi

sotto innumerevoli dita.

E immersi

noi siam nello spirto

silvestre,

d’arborea vita viventi;

e il tuo volto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

auliscono come

le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.

Ascolta, ascolta. L’accordo

delle aeree cicale

a poco a poco

più sordo

si fa sotto il pianto

che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall’umida ombra remota.

Più sordo e più fioco

s’allenta, si spegne.

Sola una nota

ancor trema, si spegne,

risorge, trema, si spegne.

Non s’ode voce del mare.

Or s’ode su tutta la fronda

crosciare

l’argentea pioggia

che monda,

il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

Ascolta.

La figlia dell’aria

è muta; ma la figlia

del limo lontana,

la rana,

canta nell’ombra più fonda,

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove su le tue ciglia nere

sìche par tu pianga

ma di piacere; non bianca

ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca

aulente,

il cuor nel petto è come pesca

intatta,

tra le pàlpebre gli occhi

son come polle tra l’erbe,

i denti negli alvèoli

son come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

(e il verde vigor rude

ci allaccia i mallèoli

c’intrica i ginocchi)

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri vólti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

m’illuse, che oggi t’illude,

o Ermione.

(Gabriele D’Annunzio)

 

SALUTI DAL MONDO UMIDO, TRA LA PALUDE E L’INONDAZIONEultima modifica: 2013-05-17T11:49:02+02:00da sergiofrigo
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