SOLIDARIETÀ AL POPOLO GRECO, MA CON ALCUNI DISTINGUO

Greciasolidarietà.jpgSi moltiplicano in Rete le mobilitazioni sull’onda dello slogan “Io sto con il popolo greco”: ma cosa significa esattamente, concretamente, oggi, “stare con il popolo greco”?

Io trovo estremamente difficile dare una risposta, pur non potendo che esprimere, in particolare, vicinanza e solidarietà agli amici che in quel paese vivono, e che tradizionalmente si rivolgono a noi con il motto “una faccia una razza”. Di più: considero abominevole che – come scrive il Corriere – il duo Merkel-Sarkozy abbia subordinato la concessione degli aiuti europei all’acquito da parte greca di armamenti tedeschi, e mi imbarazza molto, come cittadino europeo, che ora nel paese si arrivi addirittura a tagliare le spese farmaceutiche pur di avere gli stanziamenti necessari.

Io trovo, oltretutto, che l’Europa e le istituzioni finanziarie internazionali stiano mostrando scarsa lungimiranza, perchè avrebbero quantomeno l’interesse a che il debitore non muoia.

MA CI SONO RESPONSABILITA’ ANCHE DEI POLITICI E DEL POPOLO GRECO

C’è però qualche risvolto, a tutto questo, che dovrebbe indurci a qualche prudenza nella valutazione di quanto sta accadendo di là dall’Adriatico: 

1 – c’è stata indubbiamente a monte una falsificazione dei conti, ad opera di un partito che ha ancora il sostegno di un terzo dei greci e che promette di rovesciare il tavolo degli accordi se vincerà le prossime elezioni: pensano che si possa continuare così?

2 – il popolo greco ha approfittato alla grande dell’esplosione del debito, vivendo per anni al di sopra dei propri mezzi: ci sono stati dei privilegi inauditi, enti pubblici inutili gonfiati di dipendenti, indennità ridicole e pretestuose per gli statali, le pensioni lasciate in eredità alle figlie nubili… Tutto questo si può rimuovere tranquillamente?

3 – C’è poi un dato generale, che va ben oltre la Grecia e che ci rifiutiamo di riconoscere: l’impoverimento complessivo dell’Occidente, dovuto al fatto che altrove si produce a costi molto inferiori ai nostri, e che noi abbiamo (ci siamo conquistati) livelli di sicurezza e di welfare elevatissimi. Questa, a mio parere, è la sostanza della questione, poi ci sono le speculazioni delle banche, il tentativo delle varie caste di far pagare agli altri i conti della crisi, le differenze nazionali di produttività e di forza contrattuale, che consentono alla Germania di infierire eccetera.

Al fondo di tutto aleggia una domanda scomoda: li presteremmo i nostri soldi a qualcuno che si è indebitato allegramente e non è in grado di garantire che ce li restituirà nel futuro?

Sulla vicenda ecco l’articolo del Corriere e una severa analisi di Romando Prodi che chiama in causa le responsabilità franco-tedesche.

Aiuti europei alla Grecia in cambio dell’acquisto di armi tedesche

di Marco Nese

I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a comprare armi. Quest’anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura dei turchi? No, è l’ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra.

Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e poi pretende di favorire l’industria bellica della Germania. Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo – ha calcolato una rivista specializzata – i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca.

Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli consegnare. Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini non reggono il mare. Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un’intervista allo Herald Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia non servono né ad Atene né ad Ankara».

Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha potuto dire di no a tutto. L’estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro, arricchendo l’industria tedesca a spese dei poveri greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.

Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L’Italia è ferma a meno dello 0,9 per cento del Pil. 

Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l’acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti. 

I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.

CORRIERE DELLA SERA – 13/02/2012



Tragedia greca, una lezione per l’Europa

di Romano Prodi

L’insipienza politica sembra volere trasformare il caso greco in una tragedia greca. Da anni il problema era sul tavolo dei decisori, mentre tra le autorità europee e i politici greci la fiducia reciproca è ormai sotto lo zero.Grecia2012.jpg

Per capire bene le cose bisogna andare indietro nel tempo quando, per non essere soggetti al controllo delle autorità europee, Francia e Germania hanno respinto le proposte della Commissione Europea volte a sottoporre a continuo monitoraggio i conti dei paesi dell’Euro. Il governo greco ha approfittato di questa mancanza di sorveglianza per mettere in atto una politica incontrollata ed incosciente di deficit di bilancio, persino falsificando i conti.

      Tutto è andato liscio finchè la grande crisi finanziaria non ha messo a nudo la verità . Una verità cruda e drammatica che richiedeva da parte dei paesi dell’Euro una giusta reazione per i guai che il governo greco aveva combinato. Porre rimedio tempestivamente a questi guai sarebbe stato facile perché il deficit era enorme per la Grecia ma ben affrontabile per l’Unione Europea , dato che il PIL ellenico non arriva al 3% di quello della zona Euro e le esportazioni dell’intero paese sono pari a quelle della provincia di Vicenza. 

      Un modesto ma utile sacrificio da parte europea avrebbe messo a posto le cose, anche se avrebbe dovuto essere accompagnato da rapide e sostanziose misure di riparazione da parte greca. Questo, pur con una certa difficoltà, sarebbe stato possibile, dato che il nuovo governo, presieduto da Papandreu, aveva maggiore possibilità di mettere a posto le cose, scaricando il peso politico degli aggiustamenti sul governo precedente.

      Tutto ciò non faceva però i conti con l’opinione pubblica tedesca, profondamente irritata dall’idea di dovere contribuire con i propri risparmi,insieme naturalmente agli altri paesi europei, al buco creato dalla cicala greca. Quest’attitudine dell’opinione pubblica è stato interpretato senza mediazioni dalla cancelleria tedesca che, tra l’altro, aveva di fronte a sé una tornata elettorale (le elezioni nel Nordrhein Westfalen) particolarmente delicata. Una buona occasione per rinviare ogni esborso e rassicurare l’elettorato che nessun euro sarebbe stato regalato alle cicale mediterranee. 

      A questo punto non si poteva presentare un’occasione migliore per la speculazione internazionale. Diventava infatti un gioco da bambini scommettere contro i paesi più deboli, resi ancora più deboli perché abbandonati a se stessi dalle divisioni europee. Avendo preso gusto con la Grecia, la speculazione si è quindi rivolta all’Irlanda e al Portogallo, per passare poi alla Spagna e all’Italia, fino a lambire l’Austria e la Francia. 

      Intanto il caso greco aumentava di gravità, il deficit sempre più insostenibile e le misure di austerità sempre più pesanti, con licenziamenti nella Pubblica Amministrazione, diminuzione dei salari e aumento dell’Iva. Decisioni certamente necessarie ma che non potevano che fare crollare il reddito ed aumentare la disoccupazione, arrivata quasi al 20%, mentre non è lontana dal 50% tra i giovani. Il reddito continuava a diminuire e la miseria a crescere. Un quadro di questo tipo non poteva che provocare ribellione e violenza nelle strade e la conseguente caduta del governo.

      Col nuovo esecutivo, presieduto dal tecnico Lucas Papademos e sostenuto da tutti i maggiori partiti, il copione si è tuttavia ripetuto in modo identico. Le autorità europee si sono ancora dimostrate insoddisfatte per l’insufficienza e la lentezza delle misure prese e hanno chiesto nuovi tagli e nuovi licenziamenti. La violenza è ritornata di nuovo sulle strade e anche il nuovo governo comincia a perdere i pezzi.

      Il copione della tragedia non è cambiato. Da un lato l’esecutivo prende tempo e cerca alibi e scappatoie mentre, da parte di Bruxelles e di Berlino, si risponde solo chiedendo rigore e sacrifici, senza prospettare una via d’uscita che non sia quella dell’immiserimento generalizzato.

      Mantenendo tutta la distanza possibile dai comportamenti dei partiti e dei governi greci ci dobbiamo tuttavia chiedere qual è il senso di esigere aggiustamenti immediati e violenti quando i risultati si produrranno solo nel lungo periodo e solo se la solidarietà europea garantirà agli investitori la futura solvibilità della Grecia. Se non si ferma la caduta dell’economia e non si rilancia la crescita non si potrà mai porre rimedio all’aumento del debito e i capitali continueranno a fuggire.

      E’ stato autorevolmente scritto che, chiedendo alla Grecia compiti impossibili, si ripete l’errore che si è commesso nei confronti della Germania dopo la prima guerra mondiale. 

      La modesta forza politica e la modesta dimensione economica della Grecia non provocheranno certo tragedie di quella dimensione ma le conseguenze della mancanza di una politica preveggente e realistica, anche se forse non porteranno ad una catastrofe generale, renderanno molto più difficile la ripresa europea 

      Pur ammettendo che l’ammalato abbia commesso tutti gli eccessi possibili, può essere ritenuta utile una medicina che produce solo il risultato di fare morire il paziente e di infettare i suoi parenti ? Eppure da anni in Europa si pensa più a punire gli ammalati per i loro eccessi che ad aiutarne la guarigione.

Il Gazzettino, 12 febbraio

SOLIDARIETÀ AL POPOLO GRECO, MA CON ALCUNI DISTINGUOultima modifica: 2012-02-14T02:13:00+01:00da sergiofrigo
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