DIETRO LA GUERRA AI RECUPERANTI CI SONO I MONTANARI CHE RIVENDICANO L’AUTOGESTIONE DEL PROPRIO TERRITORIO

Ossario.jpgPersonalmente tendo a definirmi un montanaro che vive in città, anche se probabilmente ormai sono più che altro un cittadino di origine montanara. Metto le mani avanti perché le cose che vado a scrivere potrebbero scontentare gli uni e gli altri…

La questione che voglio affrontare prende le mosse dalla vicenda dei recuperanti, di cui ho scritto sul Gazzettino e nel post di ieri, ma va molto più oltre. Si potrebbe riassumere in una semplice domanda: di chi è la montagna? E di conseguenza chi è legittimato a gestirla e a “sfruttarla”? Solo la “gente del posto”, come vorrebbe… la gente del posto (questo termine si rifà alla filosofia delle regole, secondo cui non è lo Stato, ma sono le famiglie locali le proprietarie dei terreni pubblici, in primis i boschi); oppure la montagna è di tutti, e chi vuole ci va, parcheggia qua e là, cammina, fa il suo bravo pic nic, magari raccoglie funghi, fiori, reperti bellici, e poi ritorna in pianura ritemprato?

LA MONTAGNA È DI TUTTI, MA NON È GRATIS

Asiago.jpegQueste sono le domande che ci sono dietro la querelle che vede da una parte gli altopianesi, spalleggiati dagli altri montanari, dall’altra la Regione e la piccola schiera dei recuperanti, circa 11mila appassionati che amano perlustrare le zone di guerra alla ricerca di una baionetta, un elmo, una borraccia, una vecchia cartuccia del ’15-18. Ma se fate mente locale, la polemica si ripropone negli stessi termini con cui, qualche anno fa, coinvolse i cacciatori, oppure gli appassionati del fondo, ai quali da un certo punto in poi si cominciò a chiedere un contributo per accedere alle piste battute.

A rigor di logica la questione riguarderebbe tutti i territori turistici, o meglio tutti i territori che prestano un servizio specifico alla collettività, ma in montagna ha una sua pregnanza maggiore per due motivi: la situazione di minorità in cui versano questi territori per buona parte dell’anno (viverci è più scomodo, costa di più e politicamente gli abitanti non contano niente) e la maggior coesione (forse dovuta all’isolamento storico) e l’orgoglio delle comunità locali, che tendono ad autodifendersi dall’esterno ed eventualmente a monetizzare i propri servigi; perché di questo si tratta: l’aria pura, il verde, le stradine che si addentrano nel bosco sono servizi resi da questi territori a tutta la collettività; ma c’è di più: come ricordava Mario Rigoni Stern parlando di dissesto idrogeologico, “la montagna comanda sulla pianura”, nel senso che se non si vogliono alluvioni in basso (e non sono passati ancora dieci mesi dall’ultima drammatica inondazione nel Veneto), bisogna tutelare e “organizzare” idrogeologicamente il territorio in alto.

LA POLITICA VENETA (A DIFFERENZA DEL TRENTINO) IGNORA I MONTANARI

Tutto questo ha dei costi, e non si può pretendere che a farsene carico siano solo i montanari, che già sopportano disagi e costi maggiori degli altri cittadini per il lavoro, il riscaldamento, l’accesso alla sanità e agli uffici pubblici. Purtroppo la collettività – e la sua longa manus, la politica – tende a fregarsene, soprattutto perché la montagna non ha masse di voti da buttare sulla bilancia del consenso, e quindi non riesce a incidere sulla distribuzione delle risorse regionali e statali, ma neppure sulle piccole e grandi scelte che la riguardano direttamente: come la gestione del recupero di reperti bellici, la caccia, eccetera. Molto più semplice – anche per una forza come la Lega – riempirsi la bocca di federalismo, sussidiarietà, autogoverno dei territori, e poi imporre ai montanari leggi sgradite.

 Venezia insomma è molto lontana da Asiago (magari un po’ più vicina… a Cortina); molto più lontana di Trento, che essendo il capoluogo di una regione montana su queste tematiche ha un approccio completamente diverso: ecco anche il motivo (accanto alla maggior disponibilità di fondi pubblici) dell’adesione dei montanari del Veneto alle istanze separatiste…

MA ANCHE I MONTANARI HANNO LE LORO COLPE

Poi i montanari ci mettono del loro a rendersi sgradevoli: Laite.jpegnon è che negli ultimi decenni abbiano tenuto sempre comportamenti esemplari nella gestione del loro territorio e persino nel rapporto coi turisti; molto spesso, anzi, è bastato il fruscio delle banconote per tacitare i richiami alla salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni; molto territorio è stato svenduto, molto e male si è costruito, e ora se ne pagano le conseguenze, con migliaia di turisti che vanno e vengono intasando le strade, calpestando i boschi, consumando acqua e servizi e utilizzando le seconde case in proprietà, portandosi da casa anche la carta igienica (visto che ad Asiago, dicono, costa come il prosciutto…) E dunque da queste parti, dopo aver loro venduto le terre si inveisce contro i “perle” o “zaletti” che le hanno comprate, per non parlare degli escursionisti della domenica, che rappresentano solo un problema e una spesa: l’ideale, come spiegava Lino Toffolo parlando del rapporto fra veneziani e turisti, sarebbe che essi arrivassero fino in cima al Costo, lasciassero una congrua cifra, e poi se ne tornassero a valle…

DIETRO LA GUERRA AI RECUPERANTI CI SONO I MONTANARI CHE RIVENDICANO L’AUTOGESTIONE DEL PROPRIO TERRITORIOultima modifica: 2011-08-02T12:42:25+02:00da sergiofrigo
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