RISCRIVERE I LIBRI DI TESTO: DOPO L’ATTUALITA’ VOGLIONO ANCHE CORREGGERE IL PASSATO, PER CONTROLLARE IL FUTURO

Insegnanti.jpgQuelli che governano l’Italia col consenso del 40% degli italiani (molto meno se consideriamo il totale degli aventi diritto al voto) ora vogliono correggere i libri di testo, e mettere il naso nei registri degli insegnanti (Iniziativa della parlamentare berlusconiana ed ex soubrette Gabriella Carlucci).Carlucci.jpeg

Dopo che riscrivono tutti i giorni l’attualità grazie al controllo ferreo sui loro telegiornali e i loro giornali, ora il loro obiettivo è mettere le mani sul passato, per poter meglio controllare il futuro. Hanno già annunciato un intervento drastico per impedire o limitare le intercettazioni, cioè lo strumento (magari abusato, ma ahimè prezioso) che in questi anni ci ha svelato squarci della loro miserevole realtà, e la pericolosità dei loro obiettivi nascosti.

Nella scuola c’è solo un piccolo diaframma a separarli dal raggiungimento della loro meta: l’autonomia e la dignità degli insegnanti, la loro professionalità, il loro amore per i ragazzi, per la verità e il libero confronto delle idee. Ecco cosa ne ha scritto ieri su Repubblica l’amica Mariapia Veladiano, Veladiano.jpginsegnante e scrittrice vicentina, autrice del libro “La vita accanto”, candidato al Premio Strega.

Nel mentre chiediamo agli insegnanti di fare con più rigore che mai il loro prezioso lavoro (umiliato anche economicamente da chi odia la cultura) non facciamo mancare loro il nostro sostegno. Resistere, resistere, resistere…

 

 

Le aule devono restare un laboratorio delle differenze dove si può

discutere di tutto perché i ragazzi lo chiedono.  Il vero rischio è di

rompere l´alleanza tra le famiglie, la società e i docenti con un

clima da guerra civile dove l´educazione non conta più .

 

di Mariapia Veladiano*

Inculcatori, fannulloni, partigiani. Nell´ultimo decennio l´insegnante è diventato il bersaglio di una coerente operazione di demolizione del riconoscimento sociale che lo ha accompagnato a lungo nel secolo scorso: accusato di esercitare un part-time di fatto; di fare il doppiolavoro attraverso la libera professione; di evadere (l´insegnante!) le tasse con le ripetizioni. E colpito anche in ciò che in Italia, purtroppo, garantisce sopra ogni cosa il prestigio sociale: il reddito, mortificato nei penosissimi “gradoni” e in regresso vertiginoso rispetto a vent´anni fa. E ancora, nel suo ruolo di grande inculcatore, oggi infine contrapposto frontalmente alle famiglia.

Ma si può lavorare così, sotto assedio? Adoperarsi sistematicamente per fare saltare l´alleanza fra il docente, la società e la famiglia è insensato. Vuol dire, paradossalmente, enfatizzare il suo ruolo di solitario artefice della cultura, dall´altro, implicitamente, isolarlo sotto la lente di un´osservazione sociale e politica minuta, moltiplicata, asfissiante. Uno sguardo che non è complice e collaborativo, ma indagatore e giudice.

Succede che quelli che hanno paura dei professori e dei maestri non riescono a immaginarli diversi da se stessi e quindi li vedono al servizio di un´ideologia che immaginano compattamente opposta e ostile, diversa ma nello stesso modo illiberale, li percepiscono militanti a oltranza, comunque nemici, come loro si sentono tristemente nemici.

Non è così e non lo sanno solo gli insegnanti ma anche le famiglie, per ora. Chi ha paura degli insegnanti non sa cosa succede davvero a scuola. E cioè che le idee sono meravigliosamente differenti e “tante”, portate dai ragazzi che arrivano in classe con i volantini sulle foibe o sulla Shoah, consegnati la mattina da qualcuno, sulla strada di scuola, e chiedono se quel che è scritto è vero, e portano gli articoli di giornale e le discussioni fatte in famiglia, vogliono capire se è vero che l´Unità d´Italia è una buona cosa, e parlano e si confrontano.

E ancora: tutto questo sta dentro a una cultura che è immensamente più larga della sua connotazione politica: è capacità di dirsi, di riconoscerci diversi, di essere creativi, di capire e non giudicare, di difenderci dagli abusi, di non essere schiavi della banalità e del vuoto dei giorni.  La scuola come laboratorio di differenze anche di pensiero è oggi ciò che permette di disinnescare la guerra delle contrapposizioni che paralizza il vivere civile. Questa cultura vive della libertà di parola: si deve poter dire e leggere tutto anche e soprattutto a scuola, perché la verità non è una frase scritta su un libro, ma un processo continuo di ricerca e di aggiornamento paziente fatto insieme anche a chi, e cioè gli studenti, più liberi di noi, ci regala finalmente lo sguardo nuovo sui fatti. E ci si trova, e sarebbe incontro interessante da raccontare, a difendere in qualità di responsabile della biblioteca scolastica, la presenza sugli scaffali di un libro molto contestato da alcuni nostri studenti: Il libro nero del comunismo. I libri vanno letti e discussi, non rimossi, abbiamo risposto. Si comincia con il bruciare i libri, abbiamo raccontato, e si arriva agli uomini. E il libro è ancora lì. Pensiamoci davvero: si può far cultura nella posizione di chi è sotto esame per un libro adottato, per una parola detta? Chi ha paura della libertà della cultura ha paura della libertà.

La Repubblica, 14 aprile

RISCRIVERE I LIBRI DI TESTO: DOPO L’ATTUALITA’ VOGLIONO ANCHE CORREGGERE IL PASSATO, PER CONTROLLARE IL FUTUROultima modifica: 2011-04-15T12:26:00+02:00da sergiofrigo
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